È buio all’interno della cella del monastero.
Fa freddo, spifferi d’aria gelida entrano dalla piccola finestra senza vetri. Oltre questa apertura – l’unica in tutta la stanza – si vedono le montagne che circondano l’abbazia, immersa nella nebbia.
L’unica fonte di luce è una candela che illumina un tavolino ricoperto da volumi e incartamenti. Di fronte è seduto un monaco intento a scrivere su un foglio di pergamena…
Me lo immagino così lo scenario in cui fu redatto il Chronicon Novalicense, a metà del XII secolo.
La famosa Cronaca della Novalesa narra la storia di una delle abbazie più importanti e potenti dell’Alto Medioevo: quella dei Santi Pietro e Andrea, situata a Novalesa, in Val di Susa (TO). La cronaca è scritta su un rotolo di pergamena conservato all’Archivio di Stato di Torino e racconta le vicende dell’abbazia dal 726, anno della fondazione, fino alla metà dell’XI secolo.
Uno degli episodi descritti dall’anonimo monaco cronista interessa da vicino la civetta di Torino per i suoi risvolti funerari e riguarda il mitico Carlo Magno. Il re dei Franchi soggiornò più volte presso l’abbazia. La dotò di svariati benefici e le donò molte reliquie. Inoltre uno dei suoi figli, Ugo, fu anche abate della Novalesa.
Siccome Carlo Magno era qui quasi di casa, il monaco scribacchino riporta alcuni momenti salienti della vita del re, tra cui la morte (28 gennaio 814) e l’apertura della sua tomba da parte dell’imperatore Ottone III nella cattedrale di Aquisgrana, in Germania, nell’anno 1000.
Il frate non era ovviamente presente all’avvenimento e così riporta le parole di un fantomatico testimone oculare, il conte di Lomello:
“Entrammo dunque da Carlo. Egli non giaceva disteso come gli altri defunti, ma, quasi fosse vivo, stava seduto su un trono. Era incoronato con una corona d’oro; teneva uno scettro nelle mani coperte da guanti che le unghie, crescendo, avevano perforato. (…) una volta entrati nella tomba, sentimmo un profumo intensissimo. Lo adorammo, inginocchiandoci senza indugio. Subito l’imperatore Ottone lo rivestì di abiti bianchi, gli tagliò le unghie e restaurò tutto quello che s’era deteriorato intorno a lui. Invero, nessuna delle sue membra si era ancora disfatta putrefacendo: mancava soltanto un pezzettino della punta del naso, che subito Ottone fece rifare in oro. Estrasse un dente dalla bocca di Carlo, ricostruì il monumento e se ne andò”
Me lo vedo l’imperatore mentre si mette a fare la manicure al cadavere di Carlo Magno, nonché un intervento di lifting ante litteram al naso e infine infilarsi al collo una collana con un molare del re come pendente!
Lo sconosciuto monaco, che forse era un romanziere in fondo all’animo, mischia nel suo racconto fatti storici con leggende e aneddoti: la sepoltura di Carlo Magno così com’è descritta è mito puro. Tutto ciò però rende il Chronicon Novalicense non un testo noioso, ma fantasioso, colorito, che rispecchia molto bene quello che era il vivace immaginario medievale.
Tornando alle spoglie di Carlo Magno… è certo che Ottone III entrò nella cripta della cattedrale di Aquisgrana. Vi entrò anche Federico Barbarossa nel 1165. Quest’ultimo fece posizionare le spoglie di Carlo Magno in un sarcofago di marmo, dove restarono fino al 1215, quando Federico II ordinò di traferirle nello scrigno in oro e argento che ancora oggi possiamo ammirare nella cattedrale. Nel 1349 alcune ossa furono tolte dallo scrigno e custodite come reliquie dall’imperatore Carlo IV. Dal 1861 a oggi il corpo del re franco è stato riesumato più volte per studi ed esami scientifici sui suoi resti… insomma, non si può proprio dire che il povero Carlo Magno riposi in pace!
Testi © Manuela Vetrano. Se desiderate utilizzare questo materiale scrivete a: info@lacivettaditorino.it